Lirica

Mariella Devia, una vita per la musica

Mariella Devia
Mariella Devia

In occasione delle recite veneziane di “Norma”, che coincidono con il ritiro ufficiale dalle scene (in futuro concederà solo qualche recital), Teatro.it ha incontrato il soprano Mariella Devia, tra i maggiori interpreti del belcanto all'italiana.

Mariella Devia si trova a Venezia per dare l'addio al palcoscenico – ma non del tutto, come vedremo – dopo ben 45 anni di invidiabile e fortunata carriera. E' l'ammirata protagonista di alcune recite di ”Norma” al Teatro La Fenice, dove proprio in questi giorni le è stato consegnato il Premio ”Una vita per la musica”: un riconoscimento di grandissimo prestigio assegnato ad illustri personalità musicali di assoluta fama mondiale.

Fra i suoi colleghi, sinora gli unici ad averlo ricevuto sono stati Rajna Kabaivanska, Ruggero Raimondi e Carlo Bergonzi. Ora tocca al grande soprano ligure, che d'ora in poi metterà da parte i faticosi impegni operistici per limitarsi all'attività concertistica. E soprattutto per potersi dedicare ancor più all'insegnamento, tramandando ai giovani cantanti la sua esperienza e i segreti della sua grande arte.


Signora Devia, lei vanta una carriera invidiabile e lunga. Dopo 45 anni di carriera, ha una voce pressochè intatta. Come ha fatto a conservare freschezza e naturale dolcezza di timbro?
Come dico sempre, credo che venga da un'accurata scelta di repertorio, dallo studio, dalla tecnica. E poi penso che vi sia anche una componente genetica che mi ha favorito in questo senso. La voce è un dono di natura. Ma va coltivata nello studio e salvaguardata nel tempo.

Stilisticamente e tecnicamente ineccepibile, ma anche fantasiosa, lei è stata tra i più grandi soprano di coloratura dei nostri tempi. Quali opere le sono state più congeniali?
Naturalmente tutto il repertorio del belcanto: Bellini, Donizetti, Rossini... Ho cantato anche tanto Mozart, e di Verdi solo quello adatto a me, da Giovanna d'Arco a Traviata. Non mi sono mai allontanata da questo repertorio, che è poi quello che più mi piace cantare.


Ma qualche personaggio in particolare, a parte Lucia di Lammermoor, interpretata tantissime volte...
Mi sono piaciuti tutti, non ho avuto ruoli che mi interessassero più degli altri. Quando ne affrontavo uno, era perché ne ero convinta, perché mi piaceva. Per esempio, quando affrontavo Elvira de I puritani per me era il massimo, così come quando cantavo Violetta, così come oggi lo è Norma. E come lo sono state le regine donizettiane.

Accanto ai ruoli da soprano lirico-leggero, che le hanno dato meritata fama, ha aggiunto alcuni ruoli più da soprano drammatico. Almeno secondo la prassi. Perchè questo cambio di registro?
Beh, in realtà sono rimasta sempre su Donizetti e Bellini, e parliamo comunque di drammaticità d'agilità. Lo so che sono parti che una volta le faceva anche chi veniva dal Verismo, ma Stuarda, Bolena, Elisabetta del Devereux, anche Norma per me fanno ancora parte del mondo del belcanto.

Parliamo ad ogni modo di figure di donne più mature..
Si, sono più “drammatiche” e più mature rispetto ad una Lucia, Sono diversi i personaggi, sono diverse le situazioni. Probabilmente anche le mia voce è più robusta rispetto a quando ho iniziato a cantare, e quindi riesco ad esprimerle meglio. Rimaniamo pur sempre nell'ambito del belcanto, però.

Parliamo di Norma, da lei debuttata solo nel 2013, ma poi interpretata molte volte. Cosa ha significato per lei il passaggio da Lucia a Norma, sulla scena e fuori scena? L'ha cambiata anche interiormente?
Non è l'opera che mi cambia, naturalmente. Sono io che cambio... nel senso che ad un certo punto ho smesso di cantare Lucia perché mi sentivo anacronistica nel dare vita a personaggi così angelicati. E se la voce lo permette, si affrontano cose nuove.


Dopo Lucrezia Borgia, ha affrontato con grande successo le tre ardue regine donizettiane del Trittico Tudor. Il Devereux anzi l'ha appena cantato a Parma. Ci parli di questi personaggi così complessi...
Partiamo dal fatto che sono personaggi realmente esistiti, anche se poi il libretto in genere in parte li trasforma e non rispetta mai esattamente la Storia. Si volge cioè al cóté amoroso piuttosto che a quello del potere, della politica. Sono tre regine, e tre caratteri diversi. Nel senso che Anna Bolena sa benissimo di essere arrivata al trono perché è un'arrampicatrice: è una donna intelligente, furba, ma non era nata regina. Al contrario delle altre due, Maria Stuarda ed Elisabetta, che invece sono invece nate regine e possiedono un altri tipo di personalità: più aristocratica, più imperiosa, più definita. Ma alla fine quello più conta nell'opera, in realtà, è il loro lato amoroso, è la passione.

A proposito, la rivedremo a novembre a chiudere il Festival di Bergamo, in un recital diretto da Giuseppe Sabbatini, una vera festa donizettiana. Sarà da sola? Ci anticipa il programma?
Mah, non è ancora definito. Di sicuro penso che appunto farò almeno due delle tre regine donizettiane. Probabilmente le grandi scene finali delle loro opere. Salirò da sola sul palco, al massimo con qualche “pertichino” d'aiuto a darmi le risposte.

Sabbatini è un ex cantante, passato dal palcoscenico al podio dell'orchestra. Tra i direttori, con quali ha trovato maggiore intesa?
Mi son trovata bene con così tanti di loro, che non mi pace fare nomi particolari. Voglio solo ricordare che ho debuttato in Norma con Mariotti a Bologna, e poi l'ho eseguita con bravi direttori come Callegari ed ora Frizza, qui a Venezia, o con Battistoni a Genova. E poi vogliamo dimenticare nomi come Muti, Chailly, Mehta, Abbado, Campanella? E tanti altri, l'elenco sarebbe lungo... sono stata bene con tutti, ognuno nel suo campo mi insegnato qualcosa.


Artisticamente parlando, Mariella Devia discende dalla luminosità vocale di Toti Dal Monte. Della sua generazione, solo la Serra e la Gruberova possono starle alla pari. Quali eredi vede in giro oggi?
Non lo so... ci sono sicuramente, c'è sempre una continuazione. Ma ora non le saprei dire qualche nome in particolare.

Lei tiene da tempo affollate masterclasses di canto. Ama tanto insegnare, dunque, ed il contatto con i giovani, trasmettere la sua esperienza.
E' una cosa che mi piace tantissimo, ed adesso mi ci dedicherò ancor più spesso. Prossimamente terrò una masterclass a Firenze (al Centro Studi Musica & Arte, N.d.R.), poi una a Milano. Poi altre in giro per l'Italia. A volte sono masters pubblici, altre volte sono privati.

E all'estero?
Certo. Per esempio ne ho tenuti a Valencia, al Teatro del Palazzo delle Arti per il Centro Domingo, oppure a Madrid per la Scuola Superiore di Musica.

Come sono i giovani studenti di d'oggi?
Un po' sbandati. Seguono molti corsi, ascoltano tante persone, cercano tanti consigli. Dovrebbero invece fidarsi un po' più di se stessi. E non avere mai paura della fatica.

Un'ultima domanda, che già le avranno fatto. Ha qualche rimpianto nel lasciare le scene teatrali? Ai suoi tanti fans non basterà seguire i suoi recitals...
E' una scelta meditata, ci ho pensato a lungo e poi ho preso questa decisione. Non avevo più voglia di stare tanto lontana da casa. Sono tranquillissima e serenissima, assolutamente.